I Laboratori di hobbistica nella Casa di Reclusione
C’è un ascolto che può dare modo ai volontari di offrire empatia, comprensione e condivisione nei confronti dei problemi dei detenuti, ma ce n’è uno che può addirittura andare oltre, tentando di regalare loro un percorso di vita diverso, se non altro ricco di nuove motivazioni.
I laboratori, dapprima quello di cucito e poi la falegnameria, sono nati un po’ così, circa cinque anni fa: il contesto è quello della sezione alta sicurezza al secondo piano del Due Palazzi, dove oggi vivono una ventina di detenuti che hanno commesso reati associativi e che per questo scontano le massime pene, dall’ergastolo tout court a quello ostativo.
I volontari, in occasione dei gruppi d’ascolto, hanno registrato il grande disagio dei detenuti, il loro malessere che nasceva sia dal non riuscire a scorgere una luce al termine del tunnel, che dal totale isolamento che non permetteva loro di incontrare o frequentare nessuno al di fuori della loro sezione, precludendo anche qualsiasi possibilità lavorativa o di istruzione. Una possibile soluzione per uscire da quello stato di impasse è arrivata grazie al suggerimento di Demetrio che, provenendo da un altro carcere dove per hobby confezionava bambole di pezza, ha chiesto se quella esperienza potesse essere riprodotta anche al Due Palazzi.
Da un primo timido approccio al mondo del cucito, all’inizio naturalmente un po’ snobbato dalla maggioranza dei detenuti, si è passati all’esigenza di poter contare su un vero e proprio spazio da adibire a laboratorio, quando è cresciuto il numero di quanti hanno voluto cimentarsi con ago e filo.
L’unione allora ha fatto davvero la forza: da una parte i volontari che, oltre a fornire materiali e macchine da cucire, hanno aiutato i detenuti con la consulenza di una esperta, dall’altra l’educatrice di riferimento che è riuscita a scovare a piano terra del penitenziario due stanze da adibire a laboratorio, non solo di cucito ma, a quel punto, anche di falegnameria. In questo modo sono nate alcune “Pigotte”, le famose bambole di pezza, per essere poi donate sia all’Unicef che all’Oncoematologia Pediatrica dell’Ospedale di Padova.
L’esperienza, unita a una inesplorata manualità, hanno fatto si che l’attività si sia potuta spostare dal confezionamento di semplici bambole, alla realizzazione di originali lavori patchwork per i quali, con materiale che l’associazione riceve in regalo e sempre sotto la supervisione di una esperta di questa nuova tecnica, è richiesta un’indiscutibile dose di fantasia e creatività.
Parallelamente al laboratorio di cucito, grazie alla passione di un volontario per il bricolage, ha letteralmente preso forma quello di falegnameria con la quale si cimenta, utilizzando solo strumenti manuali, un’altra parte dei detenuti della sezione. I lavori realizzati nei due laboratori sono stati esposti in due mostre. a Piove di Sacco e a Padova, nelle Scuderie di palazzo Moroni.
Le due attività nascono e rimangono legate all’hobby, perché i detenuti di quella sezione non possono intraprendere una vera e propria attività lavorativa remunerata. Ogniqualvolta però venga data loro la possibilità di esporre e, perché no, di vendere quei manufatti, la gratificazione per chi li ha realizzati è indescrivibile, sia dal punto di vista della soddisfazione personale, sia per le piccole somme guadagnate che potranno essere così scalate dal costante aiuto economico in capo alle loro famiglie.
Ogni mattina circa una decina di detenuti, riordinata la cella e senza entrare in contatto con alcuno, scendono dalla sezione per recarsi al laboratorio; si lasciano alle spalle spazi angusti e, come andassero al lavoro, trascorrono la giornata in un ambiente sicuramente più luminoso, un impegno che adempiono con puntualità e costanza, indipendentemente dalla presenza o meno di volontari o supervisore; quest’attività li coinvolge a tal punto che, può capitare, qualcuno la sera decida di portare in cella un lavoro che necessita di urgenti rifiniture.
Siccome da cosa nasce cosa, grazie alla collaborazione con un artista e la sua assistente, lo scorso anno è partito anche un corso di scultura che, visti entusiasmo e risultati, è già stato ulteriormente prolungato. I detenuti avrebbero piacere che gli eventuali introiti derivati dalla vendita delle loro opere andasse a finanziare l’acquisto di materiali e strumenti di lavoro per poter diventare sempre più preparati.